robinson 2018

10 maggio 2018 Robinson – La Repubblica

Negli ultimi anni nei discorsi pubblici sui libri e la lettura abbiamo sentito ripetere spesso tre luoghi comuni: i giovani non leggono, l’e-book sostituirà il libro di carta, i lettori in Italia sono una minoranza. Sono convinzioni infondate che possono generare errori di valutazione nelle politiche pubbliche.
I giovani non leggono
Giuseppe Laterza: Secondo un’indagine Nielsen commissionata dal Centro per il libro e la lettura la fascia di età con la percentuale di lettori più alta è quella dai 14 ai 19 anni (60%), a cui segue quella dai 25 ai 34 anni in cui legge libri il 48%. Anche negli acquirenti di libri troviamo che la fascia d’età in cui c’è la percentuale più alta è quella dai 25 ai 34 anni in cui legge il 47%, mentre nella fascia dai 55 anni in su legge libri solo il 30%. E’ interessante notare che questo dato trova riscontro anche nelle classifiche dei libri. Molti dei bestseller degli ultimi anni sono libri rivolti soprattutto ai ragazzi, da Harry Porter a Twilight al recentissimo “Storie della buonanotte per bambine ribelli”. E anche il successo dell’acquisto dei libri nella cosiddetta “App 18” è un segno importante. A proposito di questa esperienza è utile capire cosa può essere migliorato e consolidato nel tempo.

Dario Franceschini : Giovani e giovanissimi rappresentano il segmento di popolazione italiana in cui si legge di più. Quella che dipinge le nuove generazioni come allergiche alla lettura è senz’altro una visione stereotipata che non trova riscontro nella realtà.  I dati testimoniano il contrario. Il tema è capire perché una volta entrati nell’età adulta si perde questa abitudine, ovvero si verifica una sorta di selezione della “specie”: resistono solo i lettori più determinati e motivati. La sfida, dunque, è irrobustire e consolidare l’attitudine alla lettura, far scoccare la scintilla di una passione che possa resistere al tempo e all’ingresso nel mondo adulto, in una platea larga e non solo nel recinto di pochi motivatissimi divoratori di pagine. Con 18app abbiamo tentato di dare un impulso partendo da una consapevolezza: i consumi culturali si alimentano a vicenda, non sono in competizione fra loro: chi legge libri tendenzialmente va a teatro, al cinema o ai concerti, visita i musei e naviga su Internet più della media.

2. L’e-book sostituirà il libro di carta
GL: Nei dati dell’ufficio studi dell’Aie presentati dal Presidente Ricardo Franco Levi alla Scuola dei Librai Mauri di Venezia, il mercato degli e-book nel 2017 incide sul totale del mercato per circa il 5% in linea con gli altri paesi dell’Europa continentale. La crescita degli e-book dell’anno scorso è stata equivalente a quella dei libri fisici mentre negli anni precedenti è stata più accentuata. Negli Stati Uniti dove il mercato degli e-book era arrivato a incidere per quasi un quarto sul totale, da qualche anno è in regressione. Dunque la profezia di tanti guru tecnologici non si è avverata: il libro fisico si è dimostrato attraente anche nel XXI secolo e anche per un pubblico giovanile … (in questa storia c’è anche una morale più generale: la tecnologia non è un destino inesorabile, dipende da gusti e preferenze e può essere governata). La sopravvivenza del libro fisico è direttamente connessa al ruolo l’importanza delle librerie, ancora oggi assai rilevante, nonostante la concorrenza sempre più accentuata di Amazon. Ancora nel 2017 nel nostro paese le librerie fisiche restano il canale principale per l’acquisto dei libri di varia. I provvedimenti di defiscalizzazione del governo sono un primo significativo riconoscimento del ruolo anche sociale delle librerie, ma non bastano. Occorre una politica di lungo periodo per le librerie come per le biblioteche.

DF: Un libro è un libro indipendentemente dal suo formato, che del resto è cambiato molte volte nel corso dei secoli. Per dire, il primo poema della storia dell’umanità, venne inciso su tavolette d’argilla. Per questo abbiamo promosso, e vinto, la battaglia a livello europeo per equiparare l’Iva degli ebook al cartaceo.  Detto questo non siamo affatto al capezzale del libro di carta, non ho mai creduto alle profezie di una fine annunciata.   Tra la lettura di libri cartacei e quella di ebook sembra esserci una relazione cumulativa più che sostitutiva. I lettori che amano leggere su carta esplorano le nuove opportunità del digitale, non rimpiazzano ma aggiungono. Quanto alle librerie, sono fondamentali, rappresentano dei presidi preziosi, di cultura e aggregazione sociale, nelle comunità. La misure di agevolazione fiscale che abbiamo previsto nella legge di bilancio, e per le quali con Padoan abbiamo già firmato il decreto attuativo, sono qualcosa di più di un riconoscimento, costituiscono un aiuto vero, concreto, ai tanti librai che, direi quasi eroicamente, portano avanti la propria attività.  Ma non c’è dubbio che i tempi sono maturi perché si arrivi ad una legge per il libro e la lettura organica e di sistema che, come per i provvedimenti approvati per il cinema e lo spettacolo dal vivo, sostenga l’intera filiera.

3. I lettori in Italia sono una minoranza
GL: In questi anni abbiamo tutti ripetuto che gli acquirenti di libri in Italia sono sempre meno. Il dato che viene citato continuamente è quello del 40% che configura i lettori come una minoranza (a volte ci consideriamo addirittura una nicchia). Questo dato è prodotto dal modo in cui la domanda è formulata dall’Istat: si chiede se si è letto almeno un libro nell’anno, specificando che ci si riferisce solo alla lettura per motivi di svago. Se invece aggiungiamo ai libri letti per svago anche quelli letti per studio o per aggiornamento professionale, lo stesso Istat ci comunica che a leggere libri è più del 60% degli italiani, dunque ben oltre la maggioranza! (E non si capisce bene perché non dovremmo considerare lettori di libri quelli che hanno in casa un buon manuale di storia o di giornalismo …) Il dato del 60% continua ad essere più basso nel confronto con altri paesi europei come la Germania (69%) la Francia (84%) o l’Inghilterra (86%). Ma è un dato che ci dice una cosa politicamente molto rilevante e cioè che l’abitudine della lettura è assai più diffusa di altri consumi culturali e comparabile con intrattenimenti di massa come il calcio. Partendo da una maggioranza, a mio parere, si hanno argomenti assai più forti per costruire una politica pubblica di incentivo alla lettura. Purtroppo in questa legislatura il Parlamento non è riuscito a dare al libro e alla lettura un sostegno organico come è stato fatto per il cinema. Cosa si può e si deve fare in futuro su questo fronte?

DF: Più che il confronto con gli altri Paesi, in cui può pesare anche l’assenza di uniformità nei parametri utilizzati nelle ricerche, credo ci interroghi la forbice interna tra Nord e Sud.  E’ evidente che la diffusione della lettura ci aiuta a cogliere qualcosa di più profondo, ci restituisce elementi su disuguaglianze e criticità del nostro Paese che devono rappresentare una sfida per la politica. Investire sull’istruzione, sulla cultura e sulla conoscenza significa offrire a tutti le stesse opportunità.   La promozione della lettura in questo senso è un tema profondamente democratico, l’idea stessa delle biblioteche pubbliche nacque così: non per creare depositi di libri ma per rendere l’educazione e la libertà il più possibile diffuse. In questi anni con il Centro per il Libro e per la Lettura abbiamo fatto tanto: gettato semi, moltiplicato le risorse, sostenuto le buone pratiche presenti nei territori. La consapevolezza di quanto sia un tema strategico ha animato la nostra azione di Governo e spero che in questa nuova legislatura che parte travagliata e incerta non si dispersa questa riconquistata centralità. E’ tempo di una legge organica.

GL: In conclusione, i dati comparativi sulla lettura in Europa dimostrano che tutti i paesi in cui si investe in consumi culturali (come pure nella scuola, nell’università e nella ricerca) hanno indici economici di gran lunga migliori. E sarà pur vero che in Svezia, in Norvegia o in Germania si va più al teatro, al cinema o ai concerti OAS_RICH(‘Bottom’); perché il reddito procapite è più alto e ci sono meno disoccupati tra i giovani. Ma certamente è anche vero il contrario: se un paese non investe in cultura difficilmente otterrà una crescita sostenuta. L’Italia ne è purtroppo una triste conferma.

 

 

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