Verso il Passaparola 2019. In vista del prossimo appuntamento dell’11 e 12 ottobre a Lecce, che svilupperà il tema del contrasto alla povertà educativa, evidenziando, per contrasto, le esperienze e la riflessione a partire dallo slogan “La cultura è ricchezza”, segnaliamo alcuni contributi pubblicati su riviste e quotidiani su questo argomento. Partiamo dal numero monografico estivo della rivista Andersen dedicato a L’EDUCAZIONE ALLA LETTURA CONTRASTO ALLA POVERTÀ EDUCATIVA, che segue l’assegnazione del Premio Andersen agli Atlanti dell’infanzia a rischio di Save the Children, ideati e curati da Giulio Cederna. All’interno del ricco elenco di interventi riportiamo l’articolo di Carla Ida Salviati.

Andersen

(L’illustrazione della copertina del numero di Andersen è di Isabella Labate)

Miseria senza nobiltà. Povertà educativa e altre sciagure di Carla Ida Salviati

Circola da qualche tempo un’espressione che per molti versi appare quasi un neologismo: si parla infatti, e sempre più frequentemente, di povertà educativa. Ma che cosa significa esattamente? In che cosa e come essa si differenzia dalla povertà tout court? E come la si combatte?

La sociologia oggi preferisce parlare al plurale (le povertà) e ci ammonisce a non dimenticare come i soli indicatori monetari si rivelino insufficienti per descrivere e per spiegare il drammatico fenomeno. Come si può leggere nel progetto premiato a maggio con l’Andersen, l’Atlante dell’infanzia a rischio 2019. Le periferie dei bambini voluto da Save The Children e affidato alle cure di Giulio Cederna, “un’analisi approfondita […] deve necessariamente riconoscere l’importanza cruciale delle variabili sociali e di contesto, permettendo in particolare di distinguere cinquediverse dimensioni della povertà, variamente combinate nelle realtà indagate: povertà economica, urbanistica, istituzionale, socioculturale, relazionale” (p. 111). In altre parole, l’equazione consueta ‘penuria di soldi uguale deprivazione culturale’, appare riduttiva e semplicistica: infatti le povertà si compongono e si declinano con sfaccettature assai complesse, si presentano come “nodi” avviluppati e interconnessi. Per tentare di affrontarle è necessario attrezzarsi di molti, variegati e raffinati strumenti: azioni e interazioni mirate e di versificate; analisi profonde e senza preconcetti; dialogo costante e intenti condivisi tra i soggetti che si inoltrano in un terreno quanto mai accidentato… Le povertà non sono roba da prendere sottogamba: sono malattie che si devono aggredire con una progettualità vasta, sistematica, multidisciplinare.

Inoltre, scopriamo un fatto abbastanza sconcertante. Le povertà estreme, la mancanza di tutto, non sono triste appannaggio del Terzo e del Quarto Mondo, i quali se ne stanno geograficamente lontani. Oggi ne sondiamo appena la consistenza grazie alle avanguardie migratorie, non a caso percepite come inquietanti minacce per la nostra consolidata ricchezza; e non entro qui nei distinguo degli specialisti di antropologia che continuano a volerci spiegare come i flussi in movimento verso l’Occidente riguardino (almeno nella maggioranza dei casi) individui abbastanza acculturati e con qualche disponibilità economica.

Scopriamo adesso che la miseria si annida anche nelle nostre moderne città e dilaga disordinatamente come una pelle di leopardo cosicché risulta complicato e ardito descriverla, se non in termini meramente quantitativi. I numeri più elevati sono al Nord e al Sud mentre sembrano meno allarmanti al Centro della Penisola (ma i dati relativi e gli incroci ci inducono a interpretazioni meno affrettate). Sappiamo anche che la povertà assoluta abita le periferie, ma non tutte: a volte preferisce le cinture urbane e persino alcuni centri storici dove tuguri inabitabili offrono l’unica abitazione possibile… E siamo dunque indotti anche ad interrogarci sul contrario, sulla ricchezza culturale, come farà a Lecce il Forum del Libro l’11 e 12 ottobre prossimi. Se poi nel “nodo” problematico cerchiamo di isolare la povertà educativa orientando i riflettori sui minori, ci accorgiamo ben presto che essa si coniuga persino con condizioni pecuniarie meno estreme poiché, se essa è certamente effetto di disagio, a sua volta è spesso causa di precarietà e di devianze. Mi sembra illuminante la definizione che ce ne offre l’Impresa sociale Con i bambini che sostiene numerosi progetti nel settore, compreso Futuro Prossimo elaborato e implementato da Save The Children con ventisei partner: “La povertà economica è spesso causata dalla povertà educativa: le due si alimentano reciprocamente e si trasmettono di generazione in generazione”. Insomma, se non si interviene a rimuovere e a smuovere, il rischio è l’incistamento. E neppure l’avvicendamento generazionale sembra offrire, di per sé, occasioni di riscatto.

Davanti a tali riflessioni il pensiero inevitabilmente va alla scuola che, per tutto il Novecento, è stata la principale chance di tanti ragazzi, mentre adesso ci sembra una lancia spuntata nell’affrontare le sfide della contemporaneità. Seppure popolata anche da insegnati preparati e appassionati – in alcuni casi persino al limite dell’eroismo, e basterà qui ricordare i ‘Maestri di strada’ campani e i tanti epigoni sparpagliati sulla Penisola – la scuola continua a sfornare dati inquietanti sulle competenze di lettura. A maggio sono stati resi noti i risultati di uno studio ISTAT sulla base delle prove INVALSI al secondo anno della secondaria superiore. Se non ci consola sapere che persino nei licei il 17,7 % dei ragazzi non raggiunge la sufficienza nelle competenze alfabetiche, dovrebbe costituire motivo di grande preoccupazione lo scoprire che nella medesima situazione risulta essere il 39,6% degli studenti degli istituti tecnici e ben sette su dieci dei professionali.

L’analfabetismo funzionale è la madre di tutte le emarginazioni, è la consacrazione delle disuguaglianze.

In queste condizioni, se non si interviene con misure drastiche, mi pare piuttosto difficile sperare di centrare l’obiettivo indicato nell’Agenda 2030 dall’Assemblea delle Nazioni Unite (Sustainable Development Goals) dove il quarto punto recita: “fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”. Ecco dunque che il contrasto alla povertà educativa assume il profilo di un impegno politico molto preciso: quel “per tutti”, che idealmente tanto appartiene anche alla nostra Carta Costituzionale, pesa come un macigno.

La “periferia dei bambini”, espressione usata a sottotitolo dell’Atlante di Save The Children di quest’anno, ci appare prima di tutto come distanza dalle opportunità: si è poveri anche perché si è lontani dai servizi, dalle occasioni, persino dai desideri; e così la lontananza non si misura più in kilometri ma in anni luce. E così, immagino, debba essere sembrata a Laura, giovane prof. di Quarto Oggiaro che poche settimane fa – in pieno duemiladiciannove – ha accompagnato la sua terza media in visita al duomo di Milano. Me ne ha fatto un racconto quieto, a bassa voce, e tanto più colmo di indignazione. Più della metà dei suoi ragazzi non lo aveva mai visto.

 

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