Clamorose dimissioni di Giovanni Solimine dal Consiglio superiore dei beni culturali e di tutto il Comitato tecnico scientifico per le biblioteche e gli istituti culturali formato da Mauro Guerrini, Luca Bellingeri, Gino Roncaglia e Paolo Matthiae.
Si tratta di un atto coraggioso che trae origine da una situazione non più sostenibile nel comparto delle biblioteche, che ha subito l’ennesimo colpo di noncuranza con il bando per il reclutamento di 500 funzionari al MiBACT, di cui solo 25 riservati a bibliotecari.
Il mondo dei bibliotecari, unanime, ha espresso solidarietà e stima ai colleghi per questo atto di responsabilità e di dignità per la professione.
Giovanni Solimine spiega nel dettaglio le ragioni della sofferta decisione.
Con ciò non intendo disconoscere quanto di positivo è stato fatto in quest’ultimo anno, dove si è vista una netta inversione di tendenza nelle assegnazioni finanziarie con la legge di stabilità 2016 e un primo intervento finalizzato a rimpinguare gli organici dei profili tecnico-scientifici, con l’annuncio di un concorso a 500 posti di funzionario.
In esso sono previsti, dunque, solo 25 bibliotecari, senza tenere minimamente conto delle esigenze oggettive del comparto delle biblioteche. Ci è stato detto che questo risultato dipende dalla scelta di individuare il numero delle posizioni da mettere a bando in proporzione alle carenze di organico: decisione apparentemente ineccepibile, ma che rischia di perpetuare le sperequazioni attualmente esistenti fra i diversi profili e tra le diverse sedi. Si sarebbe potuto, e a mio avviso dovuto, prendere atto che successivamente alla definizione dell’organico sono nate le Soprintendenze archivistiche e bibliografiche, del tutto prive di personale competente a intervenire sui beni librari, e, quindi, a monte del calcolo finalizzato a sanare lo scollamento fra piante organiche e personale in servizio, andavano assicurate tali competenze prevedendo almeno una figura di bibliotecario per ciascuna sede. Ma c’è dell’altro: nella ripartizione dei posti non si è considerato che l’età media tra i bibliotecari è più elevata che in altri settori (da una rilevazione effettuata nel 2015 risulta che solo il 2,7% del personale in servizio ha un’età inferiore ai 50 anni e il 63% dei bibliotecari supera i 60, a fronte del 35% fra gli architetti, 29% fra gli archeologi, 15% fra gli storici dell’arte e 14% fra gli amministrativi; ovviamente, la situazione è nel frattempo peggiorata). Nell’arco dei prossimi 5 anni, circa il 60% dei bibliotecari attualmente in organico lascerà il servizio e solo nel corso del 2016 sono previsti 37 pensionamenti.
Da queste scelte sembra confermata una concezione delle biblioteche statali assolutamente residuale e marginale nel comparto dei beni culturali. Le biblioteche del MiBACT sono ormai al collasso: riduzione degli orari di apertura, scarsa accessibilità del patrimonio, invecchiamento delle collezioni, costante abbassamento del livello dei servizi erogati, contrazione dell’utenza.
A fronte di questa situazione, il Ministero non riesce ad usare altri parametri se non quelli aritmetici. Mi sarei aspettato che l’Amministrazione esercitasse responsabilmente il diritto/dovere di compiere scelte incisive e orientate a governare lo sviluppo del settore o, quanto meno, a garantire la sopravvivenza degli istituti.
Nella convinzione di non poter condividere tali scelte e della sostanziale inutilità della presenza di un esperto del settore bibliotecario all’interno del Consiglio, ho deciso, seppur con grande rammarico, di dimettermi.
Opero da quasi quarant’anni nel settore del libro e delle biblioteche e non intendo per questo gettare la spugna: malgrado l’amarezza, continuerò a lavorare come so e come posso, nella ferma convinzione della rilevanza della funzione che le biblioteche possono esercitare all’interno di una politica per l’istruzione e per l’accesso alla conoscenza, che il nostro Paese sembra incapace di darsi.